L’Italia è geograficamente e storicamente un paese votato all’agricoltura. Non è una cosa che scopriamo oggi, è la constatazione del retaggio popolare che ogni regione si porta dietro. Popolare, un aggettivo che un tempo aveva una sfumatura un po’ dispregiativa, ma che oggi assume una connotazione di pregio, di riscoperta, di valori che non devono andare persi.

E’ così che andiamo ad intraprendere oggi un viaggio in puntate, raccontando degli aspetti popolari per l’appunto legati al mondo del vino, un prodotto diffuso in tutto il Paese, nella sua varietà e ricchezza, così unica al mondo.

Iniziamo a raccontare, ridendoci un po’ su, la credenza che le donne potessero far inacidire il vino.

Va detto innanzitutto che questa credenza affonda le sue radici nella storia. Già Aristotele riteneva che una donna con il ciclo potesse rannuvolare gli specchi, e tornando ancora più indietro, il Levitico “bandisce” le donne da casa per il periodo mestruale poiché impure.

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E’ così che il delicatissimo lavoro di travaso (tra le botti, o dalle botti alle bottiglie) fosse ad esclusiva pertinenza maschile. La possibile impurità della donna, infatti, avrebbe potuto non solo far appassire i fiori semplicemente toccandoli, ma anche far acidificare il vino, vanificando così il lavoro di tutto l’autunno.

Per contro, la pigiatura era esclusivamente affidata alle donne. La cosa sicuramente dipendeva dalla corporatura più esile e dal peso ridotto rispetto al corpo maschile, cosa che permetteva di rovinare meno l’acino durante la spremitura, ma nell’immaginario collettivo era un lavoro che veniva associato al candore e all’innocenza delle giovani ragazze, che avrebbero di conseguenza preservato il mosto dalle impurità.

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Nel prossimo articolo, l’influenza dei corpi celesti!